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Osservando la discussione più o meno esplicita sul “ruolo sociale” dell’avvocato, ho l’impressione che il concetto di difesa (dal o nel) processo funga (ancora) da attrattore.
La funzione principale dell’avvocato nel 2022 risponde ancora all’archetipo (o al mito) del togato che scova ingiustizia di fronte ad altri togati in un palazzo di giustizia?
Seppure negli ultimi dieci anni si sia apprezzata una graduale diminuzione del numero dei processi civili, questi, ad oggi, rimangono ancora quasi il doppio rispetto ai fratelli penali.
La funzione penale riguarda, a ben vedere, una parte (piccola, per fortuna) della società che è poco raggiunta dalla “modernità”.
I principali reati sono per furti, stupefacenti e lesioni e la gran parte delle persone, nel corso della vita, non ha bisogno di un avvocato appartenente all’archetipo togato, il che non vuol dire che i penalisti siano in crisi di lavoro, anzi. Si tratta solo di un diverso problema e modello.
Io penso infatti ai bisogni di una società sempre più digitalizzata, in cui l’avvocato non può inserirsi solo in modo “tradizionale” aspettando in studio che un problema giuridico bussi alla sua porta.
Ieri, alla radio (media tradizionale, intelligente e di qualità, imho) sentivo di un ingegnere che aveva capito che stava commettendo un errore (definito una “leggerezza”) dopo che era incappato in una condanna penale.
Perchè, capirlo prima non era possibile?
Forse, se l’avvocato continua a vedersi come “difensore”, affinché il cliente si rechi da lui ci vuole prima un’accusa… e dunque, in mancanza, non c’è richiesta di assistenza.
Ma se si vedesse come un consulente, le cose cambierebbero. A quel punto, però, dovrebbero anche cambiare le parcelle ed il modo di lavorare, il contenuto della prestazione, il modo di erogarla. E soprattutto il modo di porsi, di offrirsi e di comunicare. Un cambiamento non da poco.
Non si potrebbe quindi essere pro-attivi invece che passivi nei confronti dei problemi giuridici?
Non ho nessuna soluzione pronta, anche perché non credo che ne esistano e, anzi, ti suggerisco di diffidare di chi strilla persuasivamente il contrario; ma Impresavvocato lavora proprio in questa direzione. Come una mente connettiva (non collettiva…), per far emergere nuove idee e creare prototipi.
Il presupposto si inverte, nasce lo Screening legale.
Check-up e laboratori di analisi, non sono termini da studio legale: questo è il problema ma possiamo iniziare ad introdurli nel nostro linguaggio e nei nostri pensieri.
Il famoso cuore oltre l’ostacolo, o la tecnica del “come se”, il pensiero creativo: chiamalo come vuoi, ma comincia a pensare in questi termini, usando nuove parole, altrimenti non riuscirai mai nemmeno ad immaginare una nuova soluzione ed un nuovo ruolo sociale per la professione di avvocato.
Non pensare subito ad una soluzione.
Pensa, invece, a quello di cui potrebbe aver bisogno il cliente, assumendo anche che lui stesso non lo sappia: i bisogni sono sia palesi che latenti o occulti. Tu pensavi forse di aver bisogno di un telefono con il touch screen? Circa 10-15 anni fa? Te l’ha fatto forse venire qualcuno quel bisogno…?
Una nuova soluzione, legata ad un nuovo ruolo, non si inventa in 5 minuti, in un post, fumando una sigaretta o sorseggiando un caffè, ma impegnandosi, a lungo, e capendo da dove si inizia a creare e sviluppare un servizio che ancora non c’è.
Esistono strumenti operativi e di pensiero per farlo: dai canvas al design thinking (solo per fare due noti esempi), ma occorre formarsi ed imparare ad utilizzarli, oppure farsi aiutare da chi li sa usare.
Usciamo dai numeri e veniamo allo sviluppo di nuove idee e nuovi servizi: sai quali sono i tuoi limiti? Sai da chi farti aiutare? Dove trovare aiuto?
Raramente un avvocato “normale” apprende tali conoscenze e competenze per affrontare questi discorsi, per ripensare al proprio ruolo sociale dal momento che la formazione obbligatoria non li fornisce.
Impresavvocato è anche questo. Una palestra per il pensiero creativo del professionista, una scuola di ragionamento oltre gli schemi, un laboratorio per rendere concreto un cambiamento che dobbiamo far nostro quanto prima per rispondere alle esigenze emergenti dei nostri assistiti.
Solo così, oltre ad interpretare come avvocati il nostro ruolo nella società (uguale o diverso da prima non sta a me dirlo), saremo in grado di offrire i nostri servizi in modo più efficace.
Anche i clienti sono cambiati, possono avere un maggior numero di informazioni (a volte anche di buona qualità) rispetto alla questione (giuridica) che li spinge a cercare un avvocato e, più in generale, hanno le idee un po’ più chiare (di 20 anni) su cosa cercano. Le loro domande sono diverse da prima e più “mirate”
Noi siamo sicuri che il nostro modo di fornire le risposte sia quello giusto?
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